Un richiamo ironico, ma non per questo meno profondo e attento alla riflessione, è quello di un inconsueto presepe napoletano allestito nel Museo. Si tratta di una visione più ampia della realtà partenopea descritta nelle rappresentazioni presepiali nate nel ‘700, infatti comprende guaritori, ciarlatani e anche le persone sofferenti e si traduce in statuette che esemplificano alcune tra le più gravi malattie del passato.
Così la rappresentazione presepiale offre una carrellata di donne e uomini sofferenti, non senza un pizzico di ironia partenopea. Molti pastori sono pezzi singoli, altri animano scene con più soggetti. C’è quella, terribile, che rappresenta i malati di peste (firmata dalla Scarabattola dei fratelli Scuotto). Particolare è quella del cavadenti (dalla collezione del professor Fernando Gombos) che riproduce un ciarlatano nell’atto di tirare un dente a un paziente sotto lo sguardo di una piccola scimmia (che si utilizzava nel ‘600 per attirare i clienti). C’è poi la rappresentazione di una spezieria dove monaci alchimisti preparano boccette da vendere agli ammalati. Le statuette singole rappresentano una o più malattie. C’è l’uomo che ha subito l’amputazione di un arto, chi ha il gozzo, l’ernia, chi è cieco, chi obeso. E ci sono i pastori deformi più noti: il nano e il gobbo (“o scartellato” in lingua napoletana), figure legate alla sfera delle superstizioni e considerate di buon augurio. I fondali di questo insolito presepe sono le facciate architettoniche degli ospedali napoletani.
La collezione è visitabile su appuntamento contattando: info@ilfarodippocrate.it – tel. 081440647