MAS Museo Arti Sanitarie e Farmacia Storica

OSPEDALE S.M. DEL POPOLO

L’Ospedale di Santa Maria del Popolo, detto degli Incurabili, inizia la sua attività con una processione che porta il 23 marzo del 1522 pazienti dall’ospedale di San Nicola presso il molo alla collina di Caponapoli, ad opera della Venerabile Maria Lorenza Longo, nobildonna spagnola, che dedicò tutti i suoi averi e tutta la sua vita all’assistenza ai malati.
Dallo scalone ottocentesco a doppia rampa si accede al grande atrio dell’ospedale, da cui dipartono vari ambienti, alcuni dei quali conservano traccia delle antiche corsie cinquecentesche.
Lo stemma dell’ospedale sovrasta il portale d’ingresso, mentre lapidi di epoche diverse testimoniano la storia della ricerca medica in questa struttura: dagli studi di Carlo Curzio che per primo descrisse la sclerodermia nel 1753 al primato di Gaetano Conte che, nel 1836, descrisse la distrofia muscolare progressiva ed il suo coinvolgimento cardiaco, fino all’omaggio dell’operato del medico santo Giuseppe Moscati.
Una semplice statua della Vergine Maria che accoglie sotto il suo manto le preghiere degli ammalati, ricorda la vocazione assistenziale profusa in questi luoghi da Santa Giovanna Antida Thouret. Nel 1813 fu inviata a Napoli da Letizia Bonaparte, madre di Napoleone, e insediatasi con alcune consorelle nel contiguo convento di Regina Coeli, svolgevano attività di supporto ai medici dell’ospedale.

Maria Longo, nobildonna catalana della famiglia Richenza, si trasferì a Napoli al seguito del marito Giovanni Lonc (Longo), Gran Cancelliere del regno di Spagna e poi segretario del re Ferdinando il Cattolico. Rimasta vedova, nel 1510, dopo un pellegrinaggio al Santuario di Loreto, da cui ritornò guarita da una grave forma di paralisi, prese a dedicarsi ad opere di bene e di carità. Cominciò, cosi, a frequentare le opere pie e caritatevoli di Napoli: l’Ospedale di S. Giacomo, dei Fatebenefratelli (detto La Pace), dei Pellegrini ed in particolare l’Ospedale di S. Niccolò al molo che la vide instancabile lavoratrice per ben sette anni.

In seguito a questa esperienza maturò l’idea di organizzare un ospedale per malati “incurabili” affetti da sifilide, alla stregua di quelli già fondati a Genova e a Roma. Solenni documenti storici sono le tre bolle pontificie che la nobildonna impetrò ed ottenne dai Papi del tempo. La prima dell’11 marzo 1519 è di Leone X e per la prima volta autorizzando la creazione dell’ospedale designa il nome Incurabili, in analogia a quanto era stato fatto per il San Giacomo di Roma. Bolle di Adriano e Clemente VII perfezionarono lo statuto della Santa Casa retto da un governo costituito da sette membri. La collinetta di Sant’Aniello si elevava nei pressi della Porta San Gennaro ed era certamente tra i posti più salubri della città come suggerito dai valorosi medici che la Longo chiamò, autentici Maestri della medicina, tanto rinomati da attirare pazienti da tutto il regno. Attorno alla struttura, sempre ad opera della Longo, nacquero la chiesa di Santa Maria del Popolo, che dette l’altro nome all’ospedale, la sede dei Bianchi, il ricovero delle Pentite, il Monastero delle Riformate. Il tutto costituì un unicum di incomparabile armonia architettonica e validità assistenziale. Accanto alla Longo collaborano altre dame dell’aristocrazia napoletana del Cinquecento come Maria d’Ayerba, duchessa di Termoli e sposa di Andrea di Capua, di cui si conserva il pregiato sepolcro marmoreo, realizzato da Giovanni da Nola, nella chiesa di Santa Maria del Popolo.

Ordini religiosi impegnati nella carità cittadina ed eminenti personalità religiose nel corso dei secoli prestarono la loro opera nelle corsie di quest’ospedale che meritò la fama di “ospedale dei Santi”: San Luigi Gonzaga, San Gaetano Thiene, Sant’Alfonso de’ Liguori, Sant’Andrea Avellino, Santa Giovanna Antida Thouret, San Camillo de Lellis, San Francesco Caracciolo, padre Ludovico da Casoria, il Ven. Bartolo Longo e, in tempi più recenti, San Giuseppe Moscati. Come ricorda il Magnati nel Theatrum Caritatis, si accoglievano casi di apoplessia, epilessia ovvero mali di luna, paralisi, letargia, angine, leuritidi, asma, empiema, sputi di sangue, idropisia, vomito, colera morbo, diarrea, dissenteria, colica addominale, occlusioni, ittero, sifilide, ernie, slogature, spezzature di ossa, scottature e rogna.

Tutto questo materiale clinico acuì lo spirito di osservazione dei medici che gettarono le fondamenta della Scuola Medica Napoletana. Mario Zuccaro e Marco Aurelio Severino furono i primi due eminenti cultori dell’arte di guarire in quest’ospedale; a seguire Mario Schipano, Carlo Pignataro, Leonardo di Capua, Tommaso Donzelli, Luca Tozzi e Tommaso Cornelio. Tutti i dotti medici dell’ospedale ascesero alla cattedra universitaria, così l’ospedale assunse la funzione didattica del personale medico, in correlazione con la formazione impartita nell’Università, a cui conferì lustro e decoro.

All’antico edificio, incentrato su una piazza quasi rettangolare, si accede attraverso due porte, una a nord e una a sud. Sul lato orientale vi è lo scalone che conduceva alle corsie degli uomini, al I piano, e delle donne, al II piano. Si fronte l’elegante doppia rampa di accesso alla farmacia barocca, autentico tempio della scienza e dell’arte. Subito dopo l’accesso alle Cliniche universitarie e quindi l’ingresso della cappella Montalto e della chiesa. Sul lato meridionale, un ampio scalone segnala l’ingresso all’ex monastero delle Convertite (oggi Museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina). Alla prima struttura cinquecentesca furono annessi l’Orto Medico e il chiostro di Santa Maria delle Grazie affrescato alla fine del Cinquecento da Paul Brill, dove esisteva la prestigiosa scuola di ostetricia.

Nel Settecento l’ospedale si arricchisce del prestigioso Collegio Medico Cerusico di cui furono docenti Domenico Cirillo e Domenico Cotugno. Quest’ultimo traghettò una istituzione d’ancien régime all’ospedale moderno inteso non più come luogo di ricovero per reietti ma luogo capace di modificare il destino letale della malattia.

Sara Oliviero -Storica dell’arte